La prima volta che sentii parlare del
Maestro UESHIBA Morihei fu quando avevo circa 7-8 anni. Una sera, mentre cenavamo, mio. padre
ci raccontò ciò che aveva sentito da un suo vecchio amico, il Sig. YANO Ichiro (ex-
Presidente de11a Società di Assicurazioni Dai-ichi Seilei).
II Sig. Yano@possedeva un elevato
grado Dan di Kendo ed era stato Presidente de11a Federazione nazionale
giapponese dei Club aziendali di Kendo. Parlando del@Maestro aveva affermato: ''II Maestro di Aikijutsu, Ueshiba, è il più
grande esperto di Budo attuale. Come 'budoka'@non teme paragoni con
nessuno",ed aveva poi illustrato a mio padre i particolari della lezione
del Maestro alla quale aveva partecipato.
Da lungo tempo nella mia famiglia si tramandava lo
stile di tiro con l'arco chiamato 'Heki-ryu Chikurin-ha Banpa'. Mio padre aveva
appreso quest'arte dal mio bisnonno sin da quando era bambino ed aveva
continuato in seguito ad allenarsi costantemente, per questo motivo si trovava
spesso a discutere di arti marziali con il Sig. Yano ed aveva iniziato a
nutrire un grosso interesse nei confronti de1l'Aikijutsu. A11ora, pur essendo
solo un bambino, pensai che mi sarebbe piaciuto incontrare una persona così
importante e diventare suo a11ievo,ma purtroppo non riuscii a rea1izzare questo
mio desiderio, a causa di un'infausta serie di eventi quali: 1a chiamata a11e
armi di mio padre, lo scoppio della guerra e la scomparsa di mia madre.
Nel 1950, nonostante fossero ormai
trascorsi cinque anni dalla fine del conflitto, per tutta Tokyo si potevano
scorgere ancora ovunque i segni della guerra nei resti degli incendi causati
da11e bombe. In quel periodo, così come accadde a11a maggior parte dei
giapponesi che furono travolti dagli avvenimenti de11'epoca, avvertivo
costantemente uno strano senso di fugacità, una sorta di coraggio ne11a
disperazione per cui nu11a poteva più sorprendermi, ma, allo stesso
tempo,sentivo la necessità di un qualche sostegno psicologico. Per superare
tale sensazione di incertezza mi dedicai allora con tutto me stesso agli
allenamenti quotidiani di karate. Fu così che, ricordando ciò che avevo sentito
in passato da mio padre circa il Maestro Ueshiba e l'Aiki, decisi di
raccogliere informazioni più dettagliate a riguardo.
Un giorno, dopo 1'a11enamento di karate, il Maestro Ueshiba e
l'Aiki divennero inaspettatamente argomento di discussione; venni così a sapere
che, secondo informazioni fornite al capitano del club di karate
del1'Universita di Waseda, il Sig. Takeda, da un suo conoscente, il Ueshiba Dojo
sitrovava a Wakamatsucho (Ushigome), nelle vicinanze de11a Waseda.
Animato da un inconscio senso di
ammirazione nei confronti del Maestro UESHIBA Morihei, considerato il massimo
esperto del tempo, mi recai,carico di entusiasmo, a visitare il Ueshiba Dojo.
Era i1 4 marzo de1 1950.
Superato il portale di pietra di casa
Ueshiba, miracolosamente scampata ai danni della guerra, su11a sinistra si
poteva vedere il dojo e di fronte lo@spazioso ingresso de11a
casa da11e porte scorrevoli in vetro e legno. Il dojo era deserto, e quando
entrai nell'ingresso della casa per chiedere informazioni, mi accolse una
giovane donna, 1a Sig.ra Sakuko, moglie dell'attuale Doshu, UESHIBA Kisshomaru.
Dopo averle chiesto il permesso di
iscrivermi al dojo, 1e feci parecchie domande anche se non ricordo con
esattezza i particolari.
Tuttavia ricordo@chiaramente ancora oggl le sue risposte a11e mie scostumate domande:
"Quando
vedrà mio suocero capirà che cos'è 1'Aiki".
Mi spiegò inoltre che il Maestro al
momento era in viaggio, ma che sarebbe tornato a Tokyo dopo due o tre giorni. E
facendomi strada nel dojo aggiunse: ''Fra un po'inizierà 1'a11enamento...''.
Il dojo era de11a grandezza di 60 tatami
(circa 99 u): 1a zona dove si tenevano gli
a11enamenti era costituita da circa 40 tatami de11a Ryukyu lesi inpiù posti,
nella restante parte del dojo c'era un pavimento in legno scuro lucido. Il
soffitto era formato da grosse travi di legno incrociate e lateralmente alla
porta attraverso cui si accedeva al dojo da casa Ueshiba, c'era una zona
so11evata dal pavimento e
rlentrante nel muro (dove di solito sedevano g1i ospiti di riguardo per
assistere ag1i a11enamenti), 1a cui parete centrale era ricoperta da una
riproduzione di grandi dimensioni della testa di un drago. A destra di questa
zona, su11e apposite mensole, erano a11ineati dei bokken insieme a dei jo e a
dei fucili di legno (mokuju). Sulla parte superiore de11a parete erano appese delle tavolette di legno con i nomi
degli a11ievi e al centro de11a parete che si trovava entrando su11a sinistra,
c'era un grande orologio sovrastante un altro ingresso attraverso cui gli
a11ievi erano soliti accedere al dojo.
Dopo qualche minuto entrarono un ragazzo piuttosto
alto e robusto che indossava un keikogi blu da kendo e 1'hakama e un signore di
una certa età con la cintura nera, che iniziarono ad a11enarsi. Il ragazzo, 5
Dan di kendo, era il Sig. KIKUCHI Tokio (attualmente residente a Kamaishi),
l'altra persona era il Sig. KIKUCHI Ban che si era iscritto al dojo il giorno
prima. Vedendoli praticare 'katate-tori tenkan-no-kokyuf pensai che si trattava
di qualcosa di completamente differente rispetto a11e altre arti marziali che
io conoscevo.
Oltre al fatto di utilizzare dei
movimenti estremamente razionali per assimilare la forza dell'attaccante nel
flusso della propria energia, realizzai che 1'idea di base era quella di
attuare de11e rotazioni con il corpo così da diventare un tutt'uno con
1'attaccante.
II Maestro ritornò a Tôkyo dopo circa
quattro giorni. A quel tempo gli a11enamenti erano impartiti quotidianamente
dall'attuale Doshu, UESHIBA Kisshomaru, la mattina e la sera, dalla 6 e 30 in
poi, per la durata di un'ora. Gli
a11ievi erano ancora poco numerosi ma tutti 'si impegnavano con grande zelo
ne11a pratica, allenandosi costantemente nei limiti di tempo concesso.
Anche quella mattina mi allenai fino a
oltre le 10. Terminato 1'allenamento, quando raggiunsi la strada principale di
Nukebenten, avvistai due persone, una vestita in kimono e 1'altra con la divisa
da studente, che probabilmente erano appena scese dal tram da poco ripartito.
II Sig. KIKUCHI Tokio mi disse.. ''O Sensei è tornato, vieni Tada!'' e iniziò a
correre incontro alle due persone. Dopo aver salutato il Maestro, mi presentò:
''Maestro, questo è il Sig. Tada, si è appena iscritto al dojo''. Quando
so11evai lo sguardo dopo aver completato il saluto, notai che il Maestro mi
stava fissando intensamente. Levandosi il cappello mi disse: ''Mi chiamo
Ueshiba" e, con mio grande stupore, si inchinò cortesemente verso di me
che non ero che un semplice studente in divisa. Trovandomi in quel momento
finalmente di fronte al Maestro, di cui gia da tempo conoscevo la grande fama
dei racconti che avevo sentito in passato, venni preso da un incontrollabile
emozione: fu comese innanzi ai miei occhi si fossero venuti a concretizzare
improvvisamente tutti i desideri e le speranze che per lungo tempo avevo
nutrito nel profondo del cuore.
II Maestro arrivava più o meno
al1'altezza delle mie spalle. Aveva un viso dai lineamenti marcati, con gli
zigomi e il naso pronunciati. I grandi occhi dallo sguardo limpido erano di un
colore leggermente al di fuori dalla norma. La lunga barba bianca, che gli ricopriva il mento, gli
arrivava fino all'altezza del petto. Accompagnammo il Maestro e il Sig.
Kamizono, della Facoltà di Scienze della Waseda, che era con lui, fino
all'incrocio con la strada che portava al dojo e lì li salutammo.
La mattina seguente, 1'allenamento del
Maestro Morihei Ueshiba iniziò con una devota preghiera alle divinità. Nessuno
fra gli allievi del Maestro potrà mai cancellare il ricordo del suono della sua
voce che risuonava per tutto il dojo quando recitava le rituali preghiere
shintoiste. Osservando la figura del Maestro in quei momenti si poteva
constatare in pratica che quelle sue qualita considerate gsoprannaturali"
non erano che il frutto delle sue pratiche devote verso le divinità.
Ripiegandosi il lungo orlo delle maniche del keikogi, il Maestro si diresse
verso il centro del tatami e fece un rapido cenno con la mano ad uno degli
allievi seduti in fila, che come attratto da una calamita si alzò e si fece
avanti. Non ebbe neanche il tempo di afferrare con entrambe le mani il polso
del maestro che subito venne lanciato in aria. II Maestro continuò a proiettare
in successione varie persone e ad un certo punto porse il braccio anche nella
mia direzione. Mi feci avanti e appena gli afferrai il polso, così come avevo
visto fare agli altri, con tutta la forza che@avevo, mi ritrovai
subito a rotolare sul tatami. Per tutto il tempo il Maestro non disse una sola
parola. Questo era il modo in cui iniziava sempre 1'allenamento. Ciò che più mi
colpì nei primi tempi che frequentai il dojo, era che gli allievi più anziani,
nonostante il Maestro rimanesse sempre silenzioso, capissero sempre quale, fra
le numerose tecniche esistenti, stesse dimostrando di volta in volta. Col
passare del tempo, tuttavia, compresi che chi non era in grado di capire il
tipo di tecnica che il Maestro si apprestava a dimostrare, non veniva accettato
come allievo.
L'allenamento del Maestro creava
un'atmosfera di tipo molto particolare: era come se l'intero dojo iniziasse a
respirare in sintonia con il respiro del Maestro.
La prima volta che frequentai una sua
lezione pensai: ''II Maestro Ueshiba è un insegnante veramente avanzato".
Secondo le vociche circolavano allora fra i miei colleghi della Waseda, il
Maestro Ueshiba veniva considerato come un esperto di arti marziali che
utilizzava delle tecniche estrememente efficaci di''koryu-jujitsu'', un'arte
marziale completamente differente da quelle del tempo, e possedeva allo stesso
tempo delle ''misteriose" capacita.
Era, dicevano, come se un illustre personaggio
de11a storia giapponese fosse ritornato a vivere nella nostra epoca. Tuttavia,
quando incontrai personalmente il Maestro Ueshiba, avvertii al contrario che si
trattava di una persona molto più razionale di tutti gli altri esperti di budō
e sportivi che avessi conosciuto fino ad a11ora, e, sotto alcuni punti di
vista, estremamente moderna. Fui molto affascinato da11a complessità e dalla
forza emanate dal ritmo stabile dei movimenti del Maestro, ma ciò che mi sorprese
più di ogni altra cosa, fu che,proprio attraverso tali movimenti, capaci di
sconfiggere in un solo istante un avversario se usati in pratica, si venisse a
creare un'atmosfera particolarmente calorosa che veniva a coinvo1gere
psicologicamente tutte le persone presenti nel dojo.
Fu sulla base di questa mia personale
esperienza che arrivai alla seguente coclusione: se tutti gli uomini si
sforzassero di progredire sempre di più, un giorno forse sarà possibile
avvicinarsi al modello di un cosi grande Maestro. Da allora sono trascorsin più
di quarant'anni, l'Aikido si è diffuso in tutto il mondo e sta diventando di
anno in anno sempre più popolare. Durante gli ultimi vent'anni, a cominciare da
quando si tennero le Olimpiadi a Tokyo, ho risieduto in Europa per diversi
anni, svolgendo attività di diffusione e di didattica dell'Aikidô. In seguito
mi sono recato ogni anno in Europa ad insegnare, ed è grazie a tali esperienze
che, guardando al Giappone dal1'esterno, ho avuto la possibilita di comprendere
ancora più a fondo gli insegnamenti del Maestro UESHIBA Morihei, che ci ha
indicato la via dell'Aikido, in quanto espressione pratica della cu1tura
tradizionale giapponese.
L'Aikido è uno strumento prezioso in
quanto, diversamente dalle altre arti marziali competitive attua1mente
esistenti, consiste in una pratica scientifica che combina inscindibilmente, 1e
pratiche ascetiche de1 'kishin-tai', in quanto filosofia orientale, alle
tecniche di difesa, in quanto arte marziale. Sarà proprio grazie a tali
caratteristiche che l'Aikido si verrà a diffondere sempre di più nel XXI
secolo, dando così il proprio contributo agli studi sul genere umano.
Mi auguro quindi che in futuro si continui a
praticare l'Aikido con sempre maggiore impegno, tenendo costantemente presenti
tali finalità.
TADA
HIROSHI
Articolo apparso con il titolo ''Ueshiba
Dojo
Nyumon no Hi'',
sulla rivista eAikido Tanhyuf,
No. 4, 10 luglio 1992, pp. 44-45.
Traduzione
dal giapponese di
Daniela Marasco (Gessoji Dojo).
@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@@Indice@@