Quando sento
parlare di diffusione dell'aikido all'estero, nella mia mente si affollano i
ricordi della festa di commiato in cui Osensei sedeva attorniato dai suoi migliori
allievi che si apprestavano a partire per 1'estero: il Sig. Mochizuki, il Sig.
Tohei, il Sig.Abe, il suono del gong e il fischio de1la sirena che annunciavano
la partenza della nave dalla banchina del porto di Yokohama.
A queste memorie si sovrappone il ricordo del
giorno in cui, agli inizi degli anni '30, mio padre parti per andare in
Occidente abordo della ''Tatsutamaru''. Fu in quel1'occasione che, mentre mi
sforzavo affannosamente di colpire la nave con delle stelle filanti (malgrado i
miei slanci non riuscissero minimamente nel loro scopo), ebbi la vaga
sensazione che anch'io un giorno sarei andato al1'estero. Questo mio sogno si
venne a realizzare ne1 1964.
A quei tempo tutti coloro che si
recavano all'estero per diffondere professionalmente l'aikido, erano tenuti a
rispettare tre regole:
1) partire da soli;
2) comprare un biglietto di sola andata;
3) non portare con s6 soldi, nè farseli
spedire o guadagnarseli lavorando.
Osservando alla lettera queste tre
regole, 1asciai la mia casa di Jiyugaoka con 250 dollari in tasca poco prima
che finissero le olimpiadi di Tokyo.
Partii senza avere programmi ben precisi, 1a mia
idea era, in linea di massima, di andare in ltalia e poi passare per l'America
prima di tornare in Giappone.
Il primo giapponese che fece conoscere
l'esistenza dell'aikido in ltalia fu il Sig. Abe Tadashi, che svolgeva la
propria attività aikidoistica in Francia,cui fecero seguito la scultrice,
Sig.na Onoda Haru, e il Sig. Kawamukai che si recò a Roma per turismo.
Quando arrivai a Roma, il 26 ottobre del
1964 conobbi il Sig. Danilo Chierchini, a11ora responsabile del club-dopolavoro
del Monopolio di Stato dei Tabacchi situato a Trastevere, e iniziai gli
a11enamenti nel suo Dojo. Un paio di settimane dopo, tenni una dimostrazione
presso la Scuola di Pubblica Sicurezza di Nettuno e un corso speciale di
aikidō, che durò due mesi, promosso dal Ministero degli lnterni. Fu cosi che la
mia attivita aikidôistica in Europa ebbe il suo inizio.
A quei tempi viveva a Roma il
prof.Mergé, che aveva frequentato i1 ''Ueshiba Dojo''nel periodo in cui aveva
lavorato presso 1'Ambasciata ltaliana di Tokyo durante la guerra. Alcuni fra i
suoi a11ievi del1'Ismeo di Roma, che avevano sentito parlare del Maestro
Ueshiba Morihei dal professore, vennero subito ad iscriversi.
Grazie all'aiuto di uno di questi
a1lievi, il Sig. Stefano Serpieri, fu in seguito possibile spostare la sede del
Dojo in un edificio di proprietà del demanio. Quest'edificio, circondato sui
quattri lati dai resti de11e mura de11'antico acquedotto romano, dal Museo
Militare e dagli uffici de11'Acquedotto, 1a sera rimaneva completamente immerso
nel silenzio. L'attuale Scuola Centrale de11'Aikikai d'Italia continua ad
essere situata ancora oggi ne11o stesso edificio.
In quel periodo io a11oggiavo in una
stanza adiacente al tatami situata sotto una scala che gli a11ievi chiamavano
“la grotta del Maestro''.
L,anno seguente mi venne richiesto di
iniziare dei corsi a Napoli e a Sa1erno, decisi cosi di chiamare dal Giappone
il Sig. lKEDA Masatomi (attualmente 7° Dan - Direttore didattico del1,Aikikai
de11a Svizzera) del Dojo di Jiyugaoka. Un ann o dopo il Sig. NEMOTO Toshio,
1aureatosi presso l’ universita di Waseda, che venne in lta1ia al ritorno da un
soggiorno di studi in America, accettò 1'incarico di seguire la diffusione
de11'aikidō a Torino, nel nord ltalia, dove ha vissuto per alcuni anni
(attualmente il Sig.Nemoto svolge 1'attivita di amministratore presso la
societa giapponese”,Akai Denki''). In quel periodo, il Sig. Brunello Esposito, il Sig. Pasqua1e Aiello e il Sig. Auro Fabbretti,
che attualmente posseggono il grado di 5°Dan, iniziarono a praticare. .
Ne1 1968 tenni il primo raduno
lnternazionale di aikidô al Lido di Venezia. Tale raduno, durante il quale
condussi per la prima volta gli esami di grado Dan, si rivelò un grande suc
cesso ma, a11o stesso tempo, un notevole disastro sotto 1'aspetto economico, a
tal punto che non fu possibile neppure spese di trasporto per ritornare a Roma
e a Torlno.
Dal terzo anno in poi, del1'organizzazione
di questo raduno estivo si venne ad interessare il Sig. Giorgio Veneri di
Mantova, che ha continuato fino ad oggi ad essere il responsabile di tale
manifestazione, attualmente svolta ogni estate a Coverciano.
Pur avendo sempre cercato di fare del
mio meglio, dedicandomi con tutte le mie forze all'attivita di diffusione
de11'aikido, occorsero ben sei anni prima che 1'Aikikai d'Italia assumesse una
struttura stabile e che riuscissi ad acquistare un biglietto aereo per tornare
in Giappone.
Ciò accadde perché si decise di non
appoggiarsi alla federazione del judo,né ad altre organizzazioni sportive per
la diffusione del1'aikido.
Se l'aikido si fosse diffuso attraverso
queste organizzazioni, probabi1mente si sarebbe potuto incrementare di molto il
numero degli iscritti, ma ciò avrebbe senz'altro comportato la creazione di
un'associazione dalle caratteristiche completamente differenti rispetto a
quella attuale.
Quegli anni furono per me brevi ma allo
stesso tempo lunghissimi. Nel frattempo erano scomparsi il Maestro UESHIBA
Morihei e 1'altro Maestro cheaveva fortemente influenzato la mia formazione:
NAKAMURA Tempu.
Anche mio nonno, al quale ero
estremamente legato, scomparve durante lo stesso periodo. In seguito a questa
triste circostanza, nel momento stesso in cui arrivai all'aeroporto di Haneda
venni assalito da una grandissima emozione. Dopo essere tornato a casa, mi
recai subito a visitare la tomba di
OSensei a Tanabe
per annunciare al Maestro il mio ritorno in patria.
Nel corso dello stesso anno tornai
un'altra volta in ltalia ma, in seguìto al mio matrimonio con la violinista,
1aureatasi presso l'Universita di Belle Arti di Tokyo (Tokyo Geijutu Daigaku)
YAMAKAWA Kumi, celebrato nel dojo di Roma, e in previsione della nascita di
nostro figlio, che desideravamo crescesse in Ciappone, decisi di fissare
stabilmente la mia residenza a Tokyo. Da allora ho
iniziato a
trascorrere complessivamente sei mesi a11'anno in Europa e, superando tutte le
difficoltà che ciò comporta, ho scelto di vivere fino ad oggi un'esistenza
scissa a meta fra il Giappone e 1'Italia.
In seguito, il Sig. FUJIMOTO Yoji,
1aureatosi presso l'Università Nihon Taiikudaigaku, e il Sig. HOSOKAWA Hideki,
del dojo di Jiyugaoka, si recarono rispettivamente a Milano e a Roma, dove, per
più di vent'anni, con grande perseveranza hanno dedicato tutta la loro vita,
insieme ai loro familiari, alla pratica del1'aikido. Ad entrambi vorrei
esprimere la mia riconoscenza per aver sostenuto l'Aikikai d'Italia nel corso
di tutti questi anni.successivamente il Sig. YAMANAKA Kano, il Sig. NOMOTO Jun
e il Sig. lMAZAKI Masatoshi hanno soggiornato in ltalia in veste di istruttori
in periodi diversi.
In seguito decisi di fare dell'Aikikai
d,Italia un'associazione che, similmente all'Aikikai giapponese, avesse
personalita giuridica e fosse ufficia1mente, riconosciuta da11o Stato; a tal
fine donai quindi il mio dojo di Roma a11,Aikikai d'Italia e iniziai ad
interessarmi attivamente affinché tale dojo ottenesse il riconoscimento
ufficiale in quanto Scuola centrale. Con 1a preziosa co11aborazione di alcune
cinture nere, ma soprattutto grazie agli sforzi durati un decennio de11o
scomparso avvocato Giacomo Paudice di Roma, l'Aikikai d'Italia, in quanto
Associazione di Cultura tradiziona1e giapponese ottenne la qualifica di Ente
Morale, con il decreto del presidente della Repubblica italiana n. 526, 1'8
luglio de1 1978.
Attualmente a11'Aikikai d'Italia sono
affiliati dojo situati in 80 citta ita1iane, con un numero di circa 4000
iscritti, senza includere le svariate migliaia di persone che hanno praticato
nel passato. Il grande impegno con cui queste decine di migliaia di persone si
sono allenate nel corso di tutti questi anni, è stato, e continuera, in futuro
ad essere di forte incoraggiamento per la pratica del1'aikido.
TADA HIROSHI
Direttore Didattico Aikikai d'Italia
Articolo apparso con il
titolo: ''Italia Aikikai-wo tsukutta hitobito''
sulla rivista Aikido Tankyu. No. 5,
20 gennaio 1993 pp. 28-29.
Traduzione dal giapponese di Daniela Marasco (Gessôji Dojo).